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Giorno 10: Sayonara Tokyo!

Sayonara Tokyo
Buongiorno Tokyo, e così oggi iniziano le nostre ultime 24 ore insieme. Il Japan Rail è scaduto ieri e quindi oggi è giunto il momento di usare quella Card Pasmo che abbiamo in tasca da 4 giorni ma non abbiamo ancora inaugurato. Stamattina si cambia pure il giro e, invece di andare verso Ueno e far colazione da Starbucks, ci spostiamo nella direzione opposta e faremo colazione da Mr. Donut vicino a Tawaramachi.
Due donuts, una specie di tazza di caffelatte e mi siedo per studiare il percorso più vantaggioso da fare con la metro. Oggi voglio andare verso Odaiba, quindi la prima tappa sarà a Shiodome dove poi prenderò la Yurikamone, la suggestiva linea panoramica sopraelevata che porta sull’isola della baia di Tokyo attraversando il Rainbow Bridge.
Ma la prima tappa non è un caso che sia Shiodome! Qui c’è la sede centrale della Nippon Television e, dal 2006 alla base di uno degli edifici, fa bella mostra di sé un enorme orologio meccanico con una particolarità piuttosto unica. Come si potrebbe forse intuire dal particolare design, che ricorda molto da vicino il castello di Howl e i robot di Laputa, quest’orologio è opera della geniale mente di Hayao Miyazaki!

La sua particolare forma e l’impressionate cura per ogni minimo particolare, lo rendono così “vivo” che non ci si stupirebbe nel vederlo staccarsi dalla parete e cominciare a camminare in giro per la piazza. Due cartelli alla base delle zampe indicano i 5 orari della giornata in cui si mette in modo e il prossimo sarà a mezzogiorno. Sono da poco passate le undici e non posso assolutamente perdermi questo spettacolo. Devo quindi decidere se restare lì ad aspettare o se spostarmi ad Odaiba e tornare per la successiva animazione delle 15. Vista anche la presenza di una troupe televisiva che impedisce di posizionarsi nel piccolo tratto di strada sotto l’orologio, opto per lo “spettacolo” delle 15 e mi dirigo verso la stazione. Resto un po’ stupito quando scopro di non essere più nella stazione di Shiodome ma in quella di Shinbashi e quindi mi chiedo se la distanza tra le due raggiunga almeno i 500 metri.
Il breve viaggio sulla Yurikamone è sempre suggestivo, permette di godere un panorama mozzafiato e ti da come  la sensazione di  volare tra i molti grattacieli della zona. Mentre sto ancora valutando a quale delle fermate scendere, vedo comparire davanti ai miei occhi la seconda attrazione anime-oriented che tenevo molto a vedere:  La riproduzione in scala 1:1 del Gundam RX-78. E così mi precipito fuori dal treno.
Quando passo la mia Pasmo all’uscita noto sul display che quei pochi minuti di suggestivo viaggio si fanno comunque pagare quasi 400 Yen! Poco male, in qualche modo devo pure esaurire in questa giornata il credito caricato sulla carta.
 
In età adulta non sono mai stato un grande fanatico delle serie di Gundam ma sono uno dei tanti che hanno vissuto con grande passione la prima programmazione italiana della prima serie, quella con protagonista proprio l’RX-78. Non sono di quelle persone che hanno memorizzate nella mente una miriade di episodi della loro infanzia e una delle cose che mi sento rimproverare spesso da mia madre sono frasi del tipo: “ma come, non ti ricordi di …, giocavate insieme“, “come fai a non ricordarti di quella volte che…” ecc... Della mia infanzia ho solo alcuni ricordi legati ad episodi, magari stupidi, che mi sono rimasti impressi. Uno di questi è proprio legato a Gundam. Complice il fatto che, a distanza di anni avevo avuto modo di risentirne una registrazione, ricordo quella volta in cui, durante una trasmissione per bambini che conducevo su una piccola emittente radiofonica milanese , misi in onda propri la sigla di Gundam accompagnandola cantando in diretta :D. Essì, ai tempi ero decisamente appassionato della serie e quindi vedere davanti ai miei occhi, quello che sarebbe stato un mio sogno da bambino non può non scaturirmi forte emozioni.
Comunque questo Gundam è fatto veramente bene e, nonostante si limiti a muovere la testa e a sfiatare vapore (il tutto accompagnato dai tipici rumori meccanici e le urla di Amuro Rei), dalla perfezione delle giunture e dei vari ingranaggi sembra proprio vero.  Non posso andar via senza fare una foto ai suoi piedi, anche se ancora meglio sarebbe arrampicarsi su una spalla! :D
Non è neanche la una e quindi ho ancora un po’ di tempo per girare da queste parti, dove enormi centri commerciali si susseguono uno dopo l’altro. Volendo è possibile spostarsi all’interno di essi uscendo solo per attraversare la strada ed entrare nell’edificio successivo. Ai piedi di uno di questi centri c’è il Nyan cafè (Nyan è il verso che fa il gatto secondo i giapponesi e quindi potremmo tradurlo come Miao cafè). Ero molto curioso di vedere uno di questi locali e questo mi attrae particolarmente per l’enorme e kawaii gattone rosa dove, attraversando la bocca spalancata, si arriva alla porta d’ingresso.
L’interno è diviso in due sezioni: una, con ingresso libero, che conduce ad un area di shopping di oggettistica a tema o proprio di articoli per gatti; mentre l’altra, con ingresso a pagamento (che include una bevanda), porta all’interno del cafè vero e proprio. Dentro vivono diverse decine di gatti e l’intera struttura è arredata per soddisfare al meglio i loro comodi, tanto da non avere nulla che possa richiamare un cafè. Sembra più un appartamento ricco di giochi, strutture e gabbie dove i felini fanno la bella vita.  La maggior parte dei gatti se la dormono tranquillamente (anche troppo, tanto da sembrare anestetizzati) mentre i visitatori passeggiano, li accarezzano e sorseggiano la propria bevanda presa all’ingresso.  Alla fine però sono rimasto un po’ deluso e m’immaginavo il tutto piuttosto diverso. Pensavo più ad un bar dove sedersi, rilassarsi, ordinare quel che si voleva mentre intorno a te giravano questi mici con cui potevi giocare. Invece questo sembrava più come una visita ad un piccolo zoo felino dove il forte odore all’interno non ti permetteva nemmeno una permanenza troppo prolungata. La prossima volta sono curioso di sperimentare il Neko Cafè di Shibuya per vedere se è più simile alle mie aspettative.
Prima di lasciare Odaiba faccio anche un giro nel centro commerciale Aqua City per visitare uno dei negozi della Capcom e soffrire un po’ davanti a tutti quei bellissimi oggetti e gadget in vendita. Se solo il peluche di ōkami non fosse costato quasi 50 euro sarebbe stato mio!
Infine, breve sosta sulla spiaggia mentre faccio ritorno verso la stazione della Yurikamone.
Quando torno davanti all’orologio di Miyazaki sono nuovamente in anticipo di una mezz’ora abbondante, ma perlomeno adesso non c’è più la troupe televisiva e posso trovarmi un bel posticino proprio sotto alla struttura. Ne approfitto per fissare per bene la macchina fotografica su un corrimano e attendere l’inizio. Avrei avuto anche tutto il tempo per andare a mangiare qualcosa, ma ormai avevo preso posizione e non avevo nessuna intenzione di  staccare il treppiedi per poi dover ricercare frettolosamente la giusta inquadratura da quella scomodissima posizione. 
Manca circa un minuto alle 15 quando una sorta di sirena ci avvisa che da lì a poco l’orologio avrebbe iniziato a prendere vita. Tra forti rumori di ingranaggi e cigolii, alcuni omini meccanici iniziano a muoversi mentre parte una musica, che dalle sonorità, non escluderei fosse stata composta da Joe Hisaishi (autore di tutte la colonne sonore dei film dello Studio Ghibli). Le lancette iniziano a girare velocemente e, col passare dei secondi, sempre  più elementi della struttura prendono ad animarsi: dai cannoni sulla torretta di destra alle due piccole zampe sotto il quadrante dell’orologio che tengono strette tra gli artigli due sfere. Nel finale, i cannoni simulano uno sparo e le sfere si aprono rivelando un orologio a cucù in quella di sinistra e non ho visto bene cosa nell’altra. Poi tutto si ricompone, le lancette tornano a segnare l’ora esatta e l’orologio torna alla sua iniziale immobilità.
Era bello ammirarlo da fermo; in movimento e con la musica era una decisamente uno spettacolo.

A questo punto non ho altri obiettivi particolari ma non posso lasciare Tokyo senza fare un ultimo giro nella mia Asakusa e, visto che ci sono, faccio anche una breve sosta dalle parti di Shibuya. Ma questo solo dopo l’ultimo maccha latte!

Arrivato ad Asakusa, mi dirigo verso il Senso-Ji per ammirarlo e riprenderlo un po’ senza la folla del matsuri domenicale. Gli ultimi attimi intorno al tempio sono strazianti e, col passare dei minuti, la tristezza per l’imminente partenza cresce dentro di me. Prima di salutare per l’ultima volta il tempio e tutta la zona che amo, pesco anche un Omikuji (i biglietti con le predizioni che è possibile trovare in tutti i templi). 
Alla fine mi sarei pure deciso a finire un po’ di soldi tra i negozi di Nakamise Dori e il Negozio Ghibli che c’è di fianco al Kaminarimon ma, essendomi perso troppo a contemplare il Senso-Ji, al mio ritorno trovo tutto chiuso. E così m’incammino verso il Ryokan.

Sembra proprio che sia arrivato veramente alla fine , ma non perdiamoci d’animo che per questa sera faccio ancora parte di questa città!

Ho già deciso che l’ultima cena sarà il quarto sushi in quattro giorni, e dato che ero rimasto soddisfatto da quello della sera prima, ritorno nello stesso posto in cui ero stato con Yuki e dove credo di aver concluso la cena solo intorno al ventesimo nigiri. 
Uscito di lì, a pochi passi, scorgo un gruppo di giapponesi che aspettano davanti ad un negozietto e, vedendo il motivo della loro attesa, mi accorgo che in 10 giorni non ho mangiato nemmeno un Taiyaki. Così mi concedo anche questo dolce (se di dolce si può parlare) preparato sul momento.

A questo punto mi sento un po’ perso e mi allontano dalle stradine di Ameyokocho per ritrovarmi a vagare senza meta in altre viette piene di locali piuttosto tristi e con davanti buttadentro e signorine, neanche troppo appetibili, che cercano di attirare i giapponesi in giacca e cravatta che passano da quelle parti.

Se la mattina del primo giorno Tokyo sorpreso accogliendomi con la sigla di Ken, la sera dell’ultimo cerca di superarsi e, dall’interno di un ristorantino, mi propone una delle sigle del mio amato Maison Ikkoku *_*
Hey! Stai forse cercando di farmi piangere?

Torno verso le stradine di Ameyokocho dove almeno ci sono un bel po’ di Izakaya, quindi di vita, e mi fermo in uno di questi per ordinare una birra. Al bancone, di fianco a me, c’è una coppia di giapponesi e lui inizia ad attaccare bottone sostenendo che dal mio look era convinto fossi un musicista (e dire che avevo la maglietta di Totoro XD ). Lui è tipo molto originale e divertente che si presenta come Junx Punx, il suo nickname da DJ, mentre lei è un po’ meno espansiva a causa della minore conoscenza dell’inglese. Mi chiedono dei miei gusti musicali (e conosce i Dream Theater!), del mio viaggio e, di tanto in tanto, mi diverto a sorprenderli rispondendo a qualche domanda in giapponese! Mi ricordo bene quel momento in cui, parlando del loro desiderio di visitare l’Italia, si trovano in difficoltà nel trovare una parola, e nel sentirli ripetere tra di loro ryouri, ryouri, li fermo dicendo che ho capito benissimo e possono pure utilizzare quella parola di cui conosco il significato: cucina.
Finisce la mia birra e finisce pure la chiacchierata, dato che devono andar via; così io mi incammino lentamente verso il Ryokan, anche se molto poco convinto.

No, no e poi no! Non posso chiudere la serata così presto!
E così torno indietro e mi dirigo verso il locale di fronte a quello di prima dove, seduti ad un tavolino esterno, ci sono un gruppo di giapponesi che ridono e scherzano davanti alle loro birre. E così faccio una cosa che mai mi sarei immaginato di fare nella mia vita e mi autoinvito al loro tavolo!
Purtroppo a quell’ora il locale non prende più nuove ordinazioni, ma questo non impedisce di  sedersi ugualmente e restare a scherzare in compagnia. Devo ancora capire se fossero tutti così simpatici normalmente o se fosse merito del tasso alcolemico serale, fatto sta che ci divertiamo per un mezz’ora abbondante. Quando spesso prendevano a parlare i giapponese fra di loro mi sentivo completamente perso e tagliato fuori, ma fortunatamente c’era al mio fianco Mei che cercava di spiegarmi cosa stesse succedendo.
Si è fatto un po’ tardi e devono andare in stazione per prendere il treno, così alzo pure io e mi incammino verso il Ryokan accompagnando Mei e Fuji fino alla stazione.  Quando ci salutiamo mi stupisco del fatto che mi abbraccino come faremmo qui dalle nostre parti, invece che con il solito freddo saluto giapponese.    
A questo punto non so se essere felice per la serata o se essere ancora più triste per il fatto di aver fatto amicizie proprio nel momento in cui devo tornarmene a casa. Per non pensarci  mi fermo al konbini per concedermi l’ultimo antidepressivo con un inedito snack Haagen-Dazs dove il gelato è avvolto in una creepe e lo divoro strada facendo.
Arrivato in stanza non mi resta che passare l’ora successiva per recuperare tutte le mie cose e cercare di incastrarle in valigia per non dovermi trovare a far tutto la mattina successiva.

Buonanotte Tokyo e speriamo di rivederci il prossimo anno! Click.



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